Sui servizi che consegnano cibo a casa si è detto già tutto e il contrario di tutto. C’è chi ci vede la fine dei tempi, c’è chi senza troppe polemiche si gusta il suo panino o kebab consegnato direttamente a casa e c’è chi ne fa una battaglia campale.
Se n’è anche parlato in termini di tutela per i fattorini, che ormai popolano le nostre città con qualunque tipo di mezzo di locomozione e i quali diritti sono sepolti in una zona grigia. Di proclami politici ce ne sono stati diversi, che poi come purtroppo spesso capita non hanno avuto gran seguito.
Dall’altro lato, a rendere più normale il settore, se vogliamo, sono arrivati i grandi gruppi del food a livello internazionale, capaci di offrire modelli di business più solidi (e più rispettosi anche delle vigenti leggi sulla tutela del lavoro) e proponendo un’alternativa vera alla new economy del cibo portato in casa.
Oggi ci si può far recapitare a domicilio praticamente di tutto e il settore già vale più di 3 miliardi di euro, niente male per un settore sul quale in pochissimi avrebbero puntato soltanto qualche anno fa.
L’altra sorpresa? Gli italiani mangiano italiano dalla nonna, ma quando hanno libera scelta preferiscono hambuger e patatine.
Lontani ma vicini – per una cultura eclettica del cibo
No, questo non vuol dire che il cibo italiano come siamo abituati ad intenderlo stia effettivamente sparendo. È stato semplicemente affiancato da soluzioni di diverso tipo, recapitate a casa e non, che permettono all’interno della stessa settimana di abbandonarsi ai piaceri di tante cucine diverse.
Così gli italiani si sono scoperti amanti della cucina giapponese, coreana, etiope, libanese e americana, quest’ultima considerata per ignoranza come inferiore per gusto e per qualità.
Le consegne a domicilio, che coprono quell’ultimo miglio culturale tra ristorante e casa, sono state forse il più grande veicolo per la globalizzazione gastronomica. Perché se è vero che tagliatelle e lasagne, pizza e parmigiano sono consumati ai quattro angoli del mondo, è altrettanto vero che non pochi italiani amano gli hamburger quanto le polpette di nonna.
Quale sarà il futuro del settore?
Per ora è molto difficile dirlo: il settore è ancora in fase embrionale e vede da un lato i giganti del food e dall’altro servizi di consegna che si appoggiano ai ristoranti locali. Guerra? Non necessariamente. C’è posto per tutti, soprattutto nelle pance di un popolo goloso come quello italiano.